sabato 13 maggio 2017

Nel numero  pubblicato qualche giorno fa, la celebre testata  The New York Times  dedica un lungo  articolo  alla città di  Torino . ...



Nel numero pubblicato qualche giorno fa, la celebre testata The New York Times dedica un lungo articolo alla città di Torino

Una sintesi di storiaatmosfere e testimonianze che esaltano l'unicità della città, soprattutto per quel che concerne il panorama artistico.

Le visioni del filosofo Nietzsche, gli ambienti di un architetto lungimirante e misterioso come Carlo Mollino, il dualismo fra "eleganza sabauda" e lo sviluppo industriale degli anni 60, presentano Torino con un aspetto internazionale sconosciuto ai più. 

Da sempre culla della cultura barocca ma con un gusto "noir" evidenziato da letteratura e cinema, nonché da leggende che fra il serio e il faceto l'hanno fatta conoscere al mondo.

The New York Times "docet"


Prima di immergervi alla lettura dell'articolo del New York Times vi lascio alla riflessione di un pittore che ben descrive Torino:

"una vera atmosfera per la pittura. Penso alla linea di Nietzsche. Non avrei mai pensato che la luce potesse rendere una città così bella"


The New York Times 10/05/2017


Graziella Gagna





sabato 6 maggio 2017

Nino Migliori: scattiamo una fotografia quando riconosciamo noi stessi. "Egli  non crede  nella  documentazione asett...




Nino Migliori: scattiamo una fotografia quando riconosciamo noi stessi.





"Egli non crede nella documentazione asettica di immagini"super partes" ma in una lettura personale, è una rappresentazione e come tale risente di chi ha impostato la scena.

Per Nino Migliori la fotografia è comunicazione, è la necessità di raccontare qualcosa, significa esplicitare un'idea, un sentimento, un pensiero per mezzo delle immagini."

Ho scelto questi semplici passaggi di un'intervista rilasciata dal grande fotografo al magazine "maledetti fotografi" perché sono esplicativi della sua personalità.

Conoscere personalmente Nino Migliori è stato per me "vedere" la storia attraverso i suoi racconti e i suoi scatti.

Oggi l'interesse per la fotografia è quasi obbligato perché fa parte dei mezzi espressivi della contemporaneità.

Graziella Gagna




domenica 30 aprile 2017

matite parlanti Tracy - Copyright Pierluigi Capetta Spesso per essere il personaggio di un fumetto è sufficiente un prof...



matite parlanti



Tracy - Copyright Pierluigi Capetta


Spesso per essere il personaggio di un fumetto è sufficiente un profilo particolare o una mascella volitiva.

Un particolare può trasformarlo da difensore della legge a crudele ed iracondo criminale.

Nei fumetti di avventura, come ad esempio Dick Tracy, i protagonisti non sono supereroi, ma persone ordinarie (forse non proprio) che vivono esperienze straordinarie.

Non hanno poteri o armi speciali ma affrontano il pericolo affidandosi al proprio coraggio ed intuito.




A bad man - Copyright Pierluigi Capetta


Attribuendo ai delinquenti caratteri "mostruosi" quasi disumani, i malfattori sono caratterizzati e deformati da maschere grottesche.

I costumi e le scenografie tipiche del fumetto hanno colori esagerati e surreali.

Del resto personaggi fantastici vivono in luoghi fantastici, quando non hanno armature tecnologiche la loro personalità è esaltata dall'abbigliamento, convenzionale ma mai ordinario.

I Comics (come vengono chiamati nei paesi anglofoni) accostano l'oniricità Pop di Andy Warhol alla sinuosità dell'Art Nouveau.

Hugo Prat li definiva "letteratura disegnata" e Will Eisner "arte sequenziale".

Ad oggi alcuni di loro assumono un sapore "vintage" di grande tendenza in questi ultimi periodi, dove inventare è certamente più difficile che riscoprire.

Buona immaginazione a tutti.




Graziella Gagna




Immagini Copyright Pierluigi Capetta












giovedì 20 aprile 2017

Pop Heart Non è certamente un errore ma una mia scelta scrivere Pop HEART e non ART. La definizione Pop Art rimanda la mia mente ...

Pop Heart


Non è certamente un errore ma una mia scelta scrivere Pop HEART e non ART.

La definizione Pop Art rimanda la mia mente direttamente ad Andy Warhol, genio indiscusso di questo movimento artistico, ma senza dubbi non l'unico.

Il nome deriva dalla contrazione inglese "Popular Art", arte popolare.

Questo movimento artistico esprime la "non creatività" delle masse mettendo in risalto lo stile di vita americano degli anni 60, sollecitato dal consumismo di una società dove domina la pubblicità, allegra, vivace e coinvolgente.

Nasce un linguaggio apparentemente semplice e di grande comunicatività, un'iconografia di facile lettura, ricca di richiami all'immaginario comune.

Le opere sono accattivanti e ironiche, spesso di grandi dimensioni e coloratissime.

Allora perché HEART?



Go Your heart one - Pierluigi Capetta 1976

Oltre al famosissimo Warhol a fare la storia della Pop Art sono stati anche indiscussi artisti quali Roy Lichtenstein, Claes Oldemburg, Richard Hamilton, David Hockney, Robert Indiana, Robert Rauschemberg e Jasper Johns.

Ma nel mio HEART è rimasto Jim Dine, artista radicato nella cultura "Popular" americana.



Go Your heart two - Pierluigi Capetta 1976

Pur mantenendo lo stile, in questa fase di materialismo sfrenato, Dine intraprende un percorso personale orientato all'ambito dell'intimo e dell'affettivo.

I suoi soggetti, fra i quali i cuori, hanno reso il suo linguaggio, il linguaggio del sentimento.



Go Your heart three - Pierluigi Capetta 1976

Per parafrasare una nota scrittrice italiana "va dove ti porta il cuore" o meglio "GO YOUR HEART"


Graziella Gagna




Immagini Copyright Pierluigi Capetta 


martedì 18 aprile 2017

A Saint Tropez The Dancer 1978 I paesaggi straordinari della Costa Azzurra hanno da sempre influenzato maestri della pittura ...


A Saint Tropez


The Dancer 1978


I paesaggi straordinari della Costa Azzurra hanno da sempre influenzato maestri della pittura moderna.

Già un artista del calibro di Matisse si era accorto dello splendore di Saint Tropez, eleggendo l'allora tranquilla località a magnifico studio a cielo aperto.



La Provenza non è solo campi di lavanda o villaggi pittoreschi, è anche arte, che permea come un manto ogni angolo. Artigiani creativi con le loro botteghe e nuovi talenti che si applicano in architettura e design d'avanguardia fino ai grandi artisti del passato recente che qui hanno vissuto e trovato ispirazione nei colori della natura e nella magica luce di questi luoghi.





Cézanne, Van Gogh e Picasso, solo per fare un esempio, colorano le pareti dei Musei di tutto il mondo con i colori della Cote.

In tempi più recenti  Victor Vaserely, artista ungherese, grafico ed esponente dell'arte cinetica, crea ad Aix-en Provence la Fondazione Vasarely, concretizzando il concetto che l'arte non deve essere scollegata dal contesto sociale e dall'ambiente che la circonda.

Le sue opere a Aix-en-Provence faranno impazzire gli amanti della Pop Art, ma questa è un'altra storia.


Immagini Copyright Pierluigi Capetta 



Graziella Gagna












giovedì 6 aprile 2017

Appendiamo arte alle pareti I dipinti sono un elemento di arredo essenziale: sono capaci di emozionare , riflettere la ...



Appendiamo arte alle pareti








I dipinti sono un elemento di arredo essenziale: sono capaci di emozionare, riflettere la nostra personalità ma soprattutto di aggiungere sensazioni.






Che siamo fan della Pop Art di Andy Warhol, amanti dell'astrattismo o dei capolavori di Picasso e Van Gogh non rinunciamo a riempire la nostra casa di arte.






Un quadro deve riflettere il nostro stile: una stampa, una grafica, una pittura, un disegno o una fotografia.





Decorare le pareti è una questione di cuore.






Se i quadri parlano di noi e della nostra casa significa che abbiamo fatto la scelta giusta.






Ad esempio se scegliamo una pittura di avanguardia dimostriamo un carattere audace.






Se inseriamo in un ambiente dal look contemporaneo opere decisamente classiche, come la pittura fiamminga, dimostriamo un carattere coraggioso.







Graziella Gagna












giovedì 9 febbraio 2017

L'arredamento anni '50, un evergreen . Lo stile vintage , rinnovato da materiali insoliti e colori audaci darà ancora agli am...



L'arredamento anni '50, un evergreen. Lo stile vintage, rinnovato da materiali insoliti e colori audaci darà ancora agli ambienti un tocco retrò ma dall'animo contemporaneo.

Il blu, (dal blu intenso all'azzurro), sarà uno dei colori più utilizzato. Perfetto per ogni ambiente domestico e per tutte le stagioni.

Anche lo stile industriale si ammorbidisce "sposando" la filosofia del mix and match. Da questo amore nasce un industriale eclettico, decisamente più accogliente e confortevole del precedente.

Uno dei must delle tendenze nel 2017 sarà l'arte contemporanea, che entrerà prepotentemente negli interni caratterizzandoli con tocchi di colore, schizzi e disegni di forte impatto emotivo ed estetico.


gli oggetti fotografati sono in vendita su:
www.etsy.com/it/shop/GraceJunkDealer?ref=hdr_shop_menu


Graziella Gagna








martedì 7 febbraio 2017

ispirazioni per un salotto chic Arredare il vostro salotto con delle tinte tenui è sempre una buona idea per ottenere un ambient...


ispirazioni per un salotto chic


Arredare il vostro salotto con delle tinte tenui è sempre una buona idea per ottenere un ambiente luminoso ed elegante.

Il colore delle pareti chiarissimo ed un divano pastello al quale abbinare cuscini in tonalità.


Per un effetto veramente speciale aggiungete dei complementi oro o argento, daranno ancora più luce alla vostra stanza.

Amanti dello stile moderno? preferite accessori e arredi dalle linee pulite e sofisticate.

Se avete un gusto più mascolino e amate i colori scuri, vi consiglio di mostrare questa vostra allure scegliendo tinte come il grigio antracite o il nero, ovviamente da illuminare con un tocco più chiaro, ad esempio un divano tinta ghiaccio o un tappeto color crema. Dei cuscini stile bohemien e una lampada da terra ultra moderna completeranno l'opera.


Ad ogni buon conto lo stile vintage è sempre un'ottima idea per un effetto elegante, glamour e ricercato ma che abbia una storia. Io lo amo molto e vi consiglio di recuperare un sofà, un tavolino d'epoca oppure una bella poltrona retrò. Sarà il dettaglio che fa la differenza.


Il mio divano bergere anni 50 era già particolare in origine con una seduta curva piuttosto rara. Ho scelto un rivestimento tecnico, quindi molto funzionale, ma che al tatto e alla vista conservasse una certa preziosità. Un colore neutro che però accogliesse al suo interno più sfumature.
Le linee sono state sottolineate dalle passamanerie che ridisegnano lo stile caratteristico.


E quindi.....ad ogni uno il suo mood, buon salotto.



gli oggetti fotografati sono in vendita su:
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Graziella Gagna










venerdì 3 febbraio 2017

Il mobile bar, simbolo di accoglienza e convivialità. Il " Bar cabinet " racchiude in sé l' atmosfera glamou...


Il mobile bar, simbolo di accoglienza e convivialità.



Il "Bar cabinet" racchiude in sé l'atmosfera glamour cinematografica degli anni 50.

In questo periodo nascono i mobili in serie prodotti industrialmente ed è un momento di grande innovazione e modernità.

Scegliere quindi un mobile bar antico o vintage vuol dire portare in casa un pezzo di storia a noi ancora vicina, quella vissuta probabilmente dai nostri nonni o genitori.

Esso racchiude in sé estetica e funzionalità: al suo interno sarà possibile collocarvi bottiglie di super alcolici piuttosto che pregiati whisky invecchiati, grazie alla possibilità di inserire al suo interno dei mini frigo o appositi spazi.


Navy Cabinet 1800


Quello della fotografia reca un fascino ancora più particolare essendo un "arredamento da marina". 

Quindi che arrivino gli ospiti, dopotutto cosa c’è di meglio che sorseggiare un drink su un piacevole sottofondo musicale in compagnia dei nostri amici?


gli oggetti fotografati sono in vendita su:
www.etsy.com/it/shop/GraceJunkDealer?ref=hdr_shop_menu

Graziella Gagna







lunedì 23 gennaio 2017

Nebbie e misteri. Ritratti e paesaggi urbani, animali e scene di vita quotidiana: l'obiettivo del fotografo israeliano M...



Nebbie e misteri.

Ritratti e paesaggi urbani, animali e scene di vita quotidiana: l'obiettivo del fotografo israeliano Michael Ackerman si sofferma su soggetti diversi, ma li avvolge tutti in una nebbia che conferisce loro un'aura di mistero.
Così viene sintetizzato lo spirito del lavoro del celebre fotografo in un articolo di "La Repubblica".

Resta il fatto che quando ho visto sulla parete bianca "l'abbraccio" il mio primo impulso è stato di staccarlo, stringerlo ed entrarvi a farne parte. Ovviamente a fine esposizione ho fatto tutto ciò e ora la mia copia vintage mi accoglie ad ogni rientro a casa.

Tecnicamente questa nebbia non è altro che una foto fuori fuoco e qualcuno ha detto: "una foto fuori fuoco è un errore, dieci sono sperimentazione e cento costituiscono uno stile" (citazione di un autore ignoto che circola sul web). Ora, è evidente che Ackerman può ben permetterselo, essendo maestro indiscusso ed internazionale dell'arte fotografica (un artista da museo per intenderci). Egli è in grado di trasportarci nel suo universo onirico e di trasmettere sensazioni intense anche col suo pittorico sfuocato, mosso, sovra, sottoesposto (ahimè ho fatto mie le parole di un illustre rivista, il National Geographic).

La conclusione la lascio al critico francese Christian Caujolle:
“In un’epoca in cui tutti pensano di essere diventati fotografi perché creano immagini con il loro telefono cellulare, in cui le applicazioni permettono di trasformare le immagini aggiungendo grana come quella delle pellicole in bianco e nero, (che sono in procinto di scomparire), dovremmo provare un accenno di nostalgia per l’era della fotografia con uso del reale/irreale? Soprattutto vivendo in un mondo dominato dalle immagini? Certamente sì”.

Cosa aggiungere? Home sweet home....




Michael Ackerman (da www.mc2gallery.it a cura di Claudio Composti - Milano)
www.phosfotografia.com/workshop-con-michael-ackerman

Graziella Gagna

mercoledì 18 gennaio 2017

Ritratti di beata o di rara bellezza? Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e...






Ritratti di beata o di rara bellezza?

Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e ricca di parole.

Nulla di più utopico, perché guardando le sue fotografie le parole vengono a mancare.

Io ho auto il privilegio di essere fotografata da lui ed è stata un'esperienza fantastica, quando mi guardo allo specchio non sono come mi immagino, ma nelle foto di Enzo sono tale e quale.

Una "specie di magia" quella che si vede nel suo sguardo un attimo prima di scattare, perché ancora prima del "clic" sulla macchina fotografica lui ha già previsto e catturato l'attimo.

Comunicare un'emozione è impresa estremamente difficile, quindi vi lascio alle parole di chi sa descrivere meglio di me......

Ritratti di beata bellezza
di Guido Costa

da “Ritratti di beata bellezza.” 1993
Festival Dei Due Mondi, Palazzo di Via Visiale, Spoleto

Ci sono molti modi di avvicinarsi ai corpi. Altrettanti per coglierne l’essenza. Li si può possedere, catalogare, amare, li si può fare testimoni muti del proprio desiderio, o interlocutori del proprio intelletto. Li si può anche manipolare, distruggere o negare. Ma i corpi restano li, di fronte a noi, come paradossi del nostro essere identici e distinti, come limiti del nostro corpo. E del nostro conoscere.
Fotografare i corpi è un po’ come volerne negare l’estraneità. Li si congela in un atto, ci si sofferma su una loro parte, si enfatizza un dettaglio. E’ qualcosa di estremamente intimo, che per certi aspetti, ricorda il rituale dell’amore. E dell’amore conserva le aperture improvvise, fatte di assoluto equilibrio, e le chiusure ugualmente repentine, come un precipitare nella separatezza. Tra i due estremi si svolge per intero la storia della fotografia dei corpi, nudi o vestiti, allo stesso modo in cui un viso può essere vivo in un ritratto o morto in un altro. Ma sul corpo, più che altrove, si sono depositate le scorie della nostra cultura. Su di esso si sono intessuti i più macroscopici equivoci dell’ideologia: dall’interdizione nutrita di sensi di colpa, al trionfo della superficialità e della superficie. La nostra è innanzi tutto una cultura del corpo, che lo si voglia o meno, e il gioco delle essenze è spesso troppo sofisticato per l’ansia quantitativa che domina ovunque. E allora non badiamo più al corpo, ma ai corpi. Corpi perfetti, corpi deformi, statuari, patetici o plastici, corpi antichi, pezzi di corpo, corpi erotici o teneri, quasi infantili, corpi che non nascondo nulla, o che non raccontano niente, corpi aperti spalancati come delle bocche, o chiusi in se stessi, enigmatici e muti. Quando un’artista decide di lasciarsi ossessionare dal mistero dell’altro, penso lo faccia per sapere qualcosa di più su se stesso. O per coltivare, con la pazienza delirante di chi insegue ovunque la bellezza, la propria sensibilità e intelligenza. E se ha scelto il nudo, significa che sono le forme primarie ad averlo stregato, più dei baratri insondabili della cultura. Eppure, ogni scatto ha la tendenza a superare d’un balzo questo livello primitivo, fatto di linee e superfici semplici, di tensioni e di equilibri, per camuffarsi dei pani consueti dell’educazione e della storia dell’occhio. C’è una filogenesi del corpo nudo che scalpita per farsi ritrarre: darle troppo spazio significherebbe, ancora una volta, costringere al silenzio l’assenza. Ritratti di beata bellezza ha l’ambizione di far parlare il corpo nudo attraverso piccole esclamazioni di perfetta simmetria e di studiato abbandono.........


www.enzoobiso.com/Ritratti_di_beata_bellezza_1990-2008.html




Graziella Gagna







lunedì 9 gennaio 2017

Lunedì 30 gennaio si inaugura da Phos , centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive, la mostra Cosplayers , con i fantastici ...

Lunedì 30 gennaio si inaugura da Phos, centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive, la mostra Cosplayers, con i fantastici ritratti fotografici di Davide De Martis.

コスプレ, cioè Cosplayers deriva dalla fusione delle due parole inglesi, costum (costume) e player (gioco) ed indica la pratica di vestirsi con un costume che rappresenti il proprio personaggio preferito. 

Il fenomeno prende in considerazione per la maggior parte personaggi tratti dai "manga" o dagli "anime" (avendo origine dalla cultura giapponese contemporanea).

In seguito il fenomeno si è esteso anche a personaggi di videogames, fumetti, cartoni animati, film, telefilm, libri, pubblicità, band musicali e giochi di ruolo.

Ancora una volta Davide De Martis usa la sua macchina fotografica come strumento di analisi sull'individuo, che attraverso la maschera cela o scopre la natura del suo essere.

Il risultato, uno studio, attraverso il ritratto umano,  della civiltà contemporanea.



Davide De Martis
Cosplayers

Phos centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive
Via Vico 1 Torino