lunedì 23 gennaio 2017

Nebbie e misteri. Ritratti e paesaggi urbani, animali e scene di vita quotidiana: l'obiettivo del fotografo israeliano M...



Nebbie e misteri.

Ritratti e paesaggi urbani, animali e scene di vita quotidiana: l'obiettivo del fotografo israeliano Michael Ackerman si sofferma su soggetti diversi, ma li avvolge tutti in una nebbia che conferisce loro un'aura di mistero.
Così viene sintetizzato lo spirito del lavoro del celebre fotografo in un articolo di "La Repubblica".

Resta il fatto che quando ho visto sulla parete bianca "l'abbraccio" il mio primo impulso è stato di staccarlo, stringerlo ed entrarvi a farne parte. Ovviamente a fine esposizione ho fatto tutto ciò e ora la mia copia vintage mi accoglie ad ogni rientro a casa.

Tecnicamente questa nebbia non è altro che una foto fuori fuoco e qualcuno ha detto: "una foto fuori fuoco è un errore, dieci sono sperimentazione e cento costituiscono uno stile" (citazione di un autore ignoto che circola sul web). Ora, è evidente che Ackerman può ben permetterselo, essendo maestro indiscusso ed internazionale dell'arte fotografica (un artista da museo per intenderci). Egli è in grado di trasportarci nel suo universo onirico e di trasmettere sensazioni intense anche col suo pittorico sfuocato, mosso, sovra, sottoesposto (ahimè ho fatto mie le parole di un illustre rivista, il National Geographic).

La conclusione la lascio al critico francese Christian Caujolle:
“In un’epoca in cui tutti pensano di essere diventati fotografi perché creano immagini con il loro telefono cellulare, in cui le applicazioni permettono di trasformare le immagini aggiungendo grana come quella delle pellicole in bianco e nero, (che sono in procinto di scomparire), dovremmo provare un accenno di nostalgia per l’era della fotografia con uso del reale/irreale? Soprattutto vivendo in un mondo dominato dalle immagini? Certamente sì”.

Cosa aggiungere? Home sweet home....




Michael Ackerman (da www.mc2gallery.it a cura di Claudio Composti - Milano)
www.phosfotografia.com/workshop-con-michael-ackerman

Graziella Gagna

mercoledì 18 gennaio 2017

Ritratti di beata o di rara bellezza? Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e...






Ritratti di beata o di rara bellezza?

Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e ricca di parole.

Nulla di più utopico, perché guardando le sue fotografie le parole vengono a mancare.

Io ho auto il privilegio di essere fotografata da lui ed è stata un'esperienza fantastica, quando mi guardo allo specchio non sono come mi immagino, ma nelle foto di Enzo sono tale e quale.

Una "specie di magia" quella che si vede nel suo sguardo un attimo prima di scattare, perché ancora prima del "clic" sulla macchina fotografica lui ha già previsto e catturato l'attimo.

Comunicare un'emozione è impresa estremamente difficile, quindi vi lascio alle parole di chi sa descrivere meglio di me......

Ritratti di beata bellezza
di Guido Costa

da “Ritratti di beata bellezza.” 1993
Festival Dei Due Mondi, Palazzo di Via Visiale, Spoleto

Ci sono molti modi di avvicinarsi ai corpi. Altrettanti per coglierne l’essenza. Li si può possedere, catalogare, amare, li si può fare testimoni muti del proprio desiderio, o interlocutori del proprio intelletto. Li si può anche manipolare, distruggere o negare. Ma i corpi restano li, di fronte a noi, come paradossi del nostro essere identici e distinti, come limiti del nostro corpo. E del nostro conoscere.
Fotografare i corpi è un po’ come volerne negare l’estraneità. Li si congela in un atto, ci si sofferma su una loro parte, si enfatizza un dettaglio. E’ qualcosa di estremamente intimo, che per certi aspetti, ricorda il rituale dell’amore. E dell’amore conserva le aperture improvvise, fatte di assoluto equilibrio, e le chiusure ugualmente repentine, come un precipitare nella separatezza. Tra i due estremi si svolge per intero la storia della fotografia dei corpi, nudi o vestiti, allo stesso modo in cui un viso può essere vivo in un ritratto o morto in un altro. Ma sul corpo, più che altrove, si sono depositate le scorie della nostra cultura. Su di esso si sono intessuti i più macroscopici equivoci dell’ideologia: dall’interdizione nutrita di sensi di colpa, al trionfo della superficialità e della superficie. La nostra è innanzi tutto una cultura del corpo, che lo si voglia o meno, e il gioco delle essenze è spesso troppo sofisticato per l’ansia quantitativa che domina ovunque. E allora non badiamo più al corpo, ma ai corpi. Corpi perfetti, corpi deformi, statuari, patetici o plastici, corpi antichi, pezzi di corpo, corpi erotici o teneri, quasi infantili, corpi che non nascondo nulla, o che non raccontano niente, corpi aperti spalancati come delle bocche, o chiusi in se stessi, enigmatici e muti. Quando un’artista decide di lasciarsi ossessionare dal mistero dell’altro, penso lo faccia per sapere qualcosa di più su se stesso. O per coltivare, con la pazienza delirante di chi insegue ovunque la bellezza, la propria sensibilità e intelligenza. E se ha scelto il nudo, significa che sono le forme primarie ad averlo stregato, più dei baratri insondabili della cultura. Eppure, ogni scatto ha la tendenza a superare d’un balzo questo livello primitivo, fatto di linee e superfici semplici, di tensioni e di equilibri, per camuffarsi dei pani consueti dell’educazione e della storia dell’occhio. C’è una filogenesi del corpo nudo che scalpita per farsi ritrarre: darle troppo spazio significherebbe, ancora una volta, costringere al silenzio l’assenza. Ritratti di beata bellezza ha l’ambizione di far parlare il corpo nudo attraverso piccole esclamazioni di perfetta simmetria e di studiato abbandono.........


www.enzoobiso.com/Ritratti_di_beata_bellezza_1990-2008.html




Graziella Gagna







lunedì 9 gennaio 2017

Lunedì 30 gennaio si inaugura da Phos , centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive, la mostra Cosplayers , con i fantastici ...

Lunedì 30 gennaio si inaugura da Phos, centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive, la mostra Cosplayers, con i fantastici ritratti fotografici di Davide De Martis.

コスプレ, cioè Cosplayers deriva dalla fusione delle due parole inglesi, costum (costume) e player (gioco) ed indica la pratica di vestirsi con un costume che rappresenti il proprio personaggio preferito. 

Il fenomeno prende in considerazione per la maggior parte personaggi tratti dai "manga" o dagli "anime" (avendo origine dalla cultura giapponese contemporanea).

In seguito il fenomeno si è esteso anche a personaggi di videogames, fumetti, cartoni animati, film, telefilm, libri, pubblicità, band musicali e giochi di ruolo.

Ancora una volta Davide De Martis usa la sua macchina fotografica come strumento di analisi sull'individuo, che attraverso la maschera cela o scopre la natura del suo essere.

Il risultato, uno studio, attraverso il ritratto umano,  della civiltà contemporanea.



Davide De Martis
Cosplayers

Phos centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive
Via Vico 1 Torino