mercoledì 18 gennaio 2017

Ritratti di beata o di rara bellezza? Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e...

Enzo Obiso e i ritratti di rara bellezza

 





Ritratti di beata o di rara bellezza?

Scrivere su Enzo Obiso mi è sembrata, in un primo momento, un'avventura semplice e ricca di parole.

Nulla di più utopico, perché guardando le sue fotografie le parole vengono a mancare.

Io ho auto il privilegio di essere fotografata da lui ed è stata un'esperienza fantastica, quando mi guardo allo specchio non sono come mi immagino, ma nelle foto di Enzo sono tale e quale.

Una "specie di magia" quella che si vede nel suo sguardo un attimo prima di scattare, perché ancora prima del "clic" sulla macchina fotografica lui ha già previsto e catturato l'attimo.

Comunicare un'emozione è impresa estremamente difficile, quindi vi lascio alle parole di chi sa descrivere meglio di me......

Ritratti di beata bellezza
di Guido Costa

da “Ritratti di beata bellezza.” 1993
Festival Dei Due Mondi, Palazzo di Via Visiale, Spoleto

Ci sono molti modi di avvicinarsi ai corpi. Altrettanti per coglierne l’essenza. Li si può possedere, catalogare, amare, li si può fare testimoni muti del proprio desiderio, o interlocutori del proprio intelletto. Li si può anche manipolare, distruggere o negare. Ma i corpi restano li, di fronte a noi, come paradossi del nostro essere identici e distinti, come limiti del nostro corpo. E del nostro conoscere.
Fotografare i corpi è un po’ come volerne negare l’estraneità. Li si congela in un atto, ci si sofferma su una loro parte, si enfatizza un dettaglio. E’ qualcosa di estremamente intimo, che per certi aspetti, ricorda il rituale dell’amore. E dell’amore conserva le aperture improvvise, fatte di assoluto equilibrio, e le chiusure ugualmente repentine, come un precipitare nella separatezza. Tra i due estremi si svolge per intero la storia della fotografia dei corpi, nudi o vestiti, allo stesso modo in cui un viso può essere vivo in un ritratto o morto in un altro. Ma sul corpo, più che altrove, si sono depositate le scorie della nostra cultura. Su di esso si sono intessuti i più macroscopici equivoci dell’ideologia: dall’interdizione nutrita di sensi di colpa, al trionfo della superficialità e della superficie. La nostra è innanzi tutto una cultura del corpo, che lo si voglia o meno, e il gioco delle essenze è spesso troppo sofisticato per l’ansia quantitativa che domina ovunque. E allora non badiamo più al corpo, ma ai corpi. Corpi perfetti, corpi deformi, statuari, patetici o plastici, corpi antichi, pezzi di corpo, corpi erotici o teneri, quasi infantili, corpi che non nascondo nulla, o che non raccontano niente, corpi aperti spalancati come delle bocche, o chiusi in se stessi, enigmatici e muti. Quando un’artista decide di lasciarsi ossessionare dal mistero dell’altro, penso lo faccia per sapere qualcosa di più su se stesso. O per coltivare, con la pazienza delirante di chi insegue ovunque la bellezza, la propria sensibilità e intelligenza. E se ha scelto il nudo, significa che sono le forme primarie ad averlo stregato, più dei baratri insondabili della cultura. Eppure, ogni scatto ha la tendenza a superare d’un balzo questo livello primitivo, fatto di linee e superfici semplici, di tensioni e di equilibri, per camuffarsi dei pani consueti dell’educazione e della storia dell’occhio. C’è una filogenesi del corpo nudo che scalpita per farsi ritrarre: darle troppo spazio significherebbe, ancora una volta, costringere al silenzio l’assenza. Ritratti di beata bellezza ha l’ambizione di far parlare il corpo nudo attraverso piccole esclamazioni di perfetta simmetria e di studiato abbandono.........


www.enzoobiso.com/Ritratti_di_beata_bellezza_1990-2008.html




Graziella Gagna